Dal Mio Pionieristico “Sbarco” sul Web nel ’97: Appunti di un Esploratore Digitale nel 2010

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Oggi, mentre scrivo queste righe nel 2010, la mente corre indietro, precisamente a tredici anni fa: era il 4 ottobre 1997, una data che per me ha segnato un vero e proprio spartiacque. Quel giorno discutevo la mia Tesi di Laurea, intitolata “La comunicazione aziendale esterna sul World Wide Web”.

Un titolo che allora, posso garantirlo, suonava quasi fantascientifico per molti, ma che per me rappresentava il culmine di un’avventura entusiasmante, iniziata anni prima.

Il mio relatore è stato il Prof. Guido Ferraro, semiologo e docente presso l’Università degli Studi di Torino.

La sua guida fu preziosa per dare una solida forma accademica a quella che, con un pizzico di orgoglio, posso dire sia stata una delle prime tesi sperimentali italiane dedicate a Internet.

Dietro quelle pagine, però, c’era molto di più: c’era la passione e l’impegno di un lungo lavoro di ricerca, avviato già nel 1992 presso il Centro di Ricerche Semiotiche di Torino, inizialmente sulla multimedialità e poi, dal 1993, con un focus sempre più stretto sul nascente, misterioso universo di Internet.

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Un Viaggio agli Albori del Web: Dalle Connessioni Telnet a un Mosaic Ancora Acerbo

Ripensare a quegli anni, oggi nel 2010, è come sfogliare un album di scoperte continue, un vero e proprio viaggio iniziatico nel digitale. E quante ne ho viste, tecnologicamente parlando! Dalle prime, un po’ ostiche connessioni Telnet (con annessi i primi comandi Unix che ho dovuto apprendere) che aprivano porte testuali su mondi remoti, ai sistemi Gopher che tentavano con coraggio di organizzare un’informazione ancora caotica e sparsa.

Ricordo vivido l’arrivo di Mosaic, il primo browser grafico che, per quanto ancora acerbo rispetto agli standard attuali, ci mostrò per la prima volta il potenziale visivo del Web, aprendo la mente a possibilità inedite.

Poi venne Netscape, l’outsider che per un periodo sembrò destinato a dominare incontrastato, e la gestione delle email tramite interfacce spartane come Pine, che oggi, abituati come siamo a interfacce grafiche sofisticate, farebbero quasi tenerezza.

E poi i primi siti, chiamati homepage personali, spesso esperimenti audaci su piattaforme come Geocities, dove ognuno poteva, con un misto di ingegno e pazienza, ritagliarsi un piccolo, personale angolo di cyber-spazio. Ho vissuto con trepidazione l’era delle DotCom, con le sue folli euforie e le sue sonore, ma formative, batoste, che però spianarono la strada a quello che oggi chiamiamo Web 2.0.

Infine, l’avvento di Twitter, Facebook e dei Social Media e la progressiva comprensione di concetti rivoluzionari come la teoria della coda lunga, che stanno ridefinendo mercati e culture sotto i nostri occhi.

Mi torna in mente persino uno dei primi siti che mi colpirono profondamente, quello della bevanda Zima: nel 1997, con le sue animazioni e il suo approccio innovativo, sembrava un puro esercizio di futuro, un assaggio tangibile di ciò che sarebbe potuta diventare la comunicazione online.

Condividere un Sogno Digitale: L’Idealismo degli Inizi e lo Stupore Altrui

Nel turbine di questa rivoluzione digitale, c’era anche la vita che scorreva e portava doni preziosi. Nel 1995, mi legai a Erica Borgaro (1973 – 2019), la mia adorata moglie e compagna di vita. E proprio in questi giorni, noi – qui nel 2010 – ci prepariamo a festeggiare i nostri primi, meravigliosi dieci anni di matrimonio, un traguardo che riempie il cuore. I primi tempi della nostra storia, per lei, quel mio mondo proiettato nel futuro, che io descrivevo con un idealistico fervore, doveva apparire inizialmente un po’ astratto, quasi inafferrabile.

Posso solo immaginare quanto idealistico dovesse sembrarle l’entusiasmo di quello strano “ragazzino” – perché così, con affetto, mi percepiva – che si infervorava per aver scoperto via Internet, con chissà quale arcana magia, che “la fotocopiatrice di un remoto dipartimento della UCLA era guasta”.

Notizie che oggi, nel 2010, sembrano dettagli irrilevanti, ma che allora erano la prova tangibile di un mondo che si stava interconnettendo in modi prima impensabili. E come doveva suonare sognante e quasi utopistico il mio racconto appassionato di Fidonet, delle BBS (Bulletin Board System), e il mio vantarmi di essere diventato un “Point” di Fidonet – un piccolo, ma per me significativo, nodo di quella rete amatoriale. Che conquista mi sembrava allora! Tramite Fidonet, con una procedura che oggi definiremmo preistorica, potevo inviare un messaggio che avrebbe raggiunto (forse!) ogni angolo del mondo in “soli” cinque giorni.

E che dire del mio idealistico trionfo quando per la prima volta in Facoltà le mostrai, raggiante, la foto di un Pappagallo Australiano caricata su una pagina Web? Esclamai, con la sicurezza incrollabile della gioventù: “Un giorno sarà possibile per tutti vedere e condividere questa foto istantaneamente!”. Lei sorrideva, con quel suo modo unico di incoraggiare anche le visioni più audaci, forse pensando che stessi sognando ad occhi aperti, ma in quello sguardo c’era sempre un supporto che non è mai mancato e che è il mio tesoro più grande.

Ricordo ancora il mio idealistico tentativo nel 1995 di spiegare in pizzeria ai miei amici, tra una fetta e l’altra, cosa fosse un “motore di ricerca”. O quando, durante uno stage, assistetti quasi in diretta alla nascita del dominio www.yahoo.com, vedendo un semplice elenco di link trasformarsi da un giorno all’altro in un portale che avrebbe fatto, e sta facendo, la storia.

Visioni di Quotidianità Futura che Prendevano Forma

Uno dei primi siti web da me visti su internet: la bevanda Zima
Uno dei primi siti web da me visti su internet: la bevanda Zima. Nel 1997 sembrava un esercizio di futuro.

Uno dei miei primi, timidi ma significativi, gesti di “modernità” fu un regalo per Erica: un libro di fotografie di Danza Classica. Lo acquistai nel 1996 su una piattaforma allora emergente e decisamente rudimentale per gli standard odierni, un certo Amazon.com, pagando con carta di credito, una procedura che all’epoca sembrava quasi un azzardo, un salto nel vuoto digitale. Eppure, nonostante l’incertezza e l’aspetto pionieristico di tutte queste esperienze, una consapevolezza si faceva strada dentro di me, già allora: tutto quel “sogno”, quella visione di un mondo interconnesso, un giorno sarebbe diventata la solida, tangibile quotidianità che stiamo iniziando a vivere pienamente in questo 2010. Non era solo tecnologia; era la percezione di un cambiamento culturale profondo, di nuove possibilità per l’umanità.

In fondo, solo adesso, scrivendo queste righe, mi rendo conto pienamente della frase che, forse inconsciamente, ha scandito gli ultimi diciotto anni della mia vita, e che da oggi sento il bisogno di inserire nel mio blog come monito e ispirazione. Una frase che ancora oggi, nel pieno di questa nuova decade, risuona con forza immutata.

E tu, che stai leggendo nel 2010 o forse in un futuro che oggi posso solo immaginare, quale futuro vuoi contribuire a costruire oggi?

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