Le Utopie del Presente: un racconto iniziato 20 anni fa
Caro lettore, questo post parla di emozioni e sensazioni poiché oggi 4 ottobre 2017, ma mia Tesi di Laurea coraggiosamente (1997!) intitolata La comunicazione Aziendale Esterna sul World Wide Web, ha compiuto 20 anni
Ed è anche curioso che proprio oggi – esattamente venti anni dopo – io abbia consegnato le bozze definitive del mio primo libro, I social nella Cosmesi.
Questo articolo non ti darà nulla di nuovo se non un racconto autoreferenziale, perché questa è la mia storia
Siti web anno 1995: ecco come erano fatte le homepage in quegli anni
Ecco come si presentavano le homepage dei siti web che io vedevo con la mia connessione ad internet telefonica con modem (dial-up) nel 1995.
Visti oggi fanno un certo effetto, vero?
Siccome oggi è per me un giorno di ricordi, vorrei raccontare la mia storia personale con la rete, il mio incontro con internet
20 anni fa la mia laurea con una delle prime tesi su Internet
La mia tesi parlava di un mondo che doveva ancora venire
di un mondo interconnesso, di persone che rielaborano i propri valori in un gioco del Lego planetario
- di valori che si legavano tra loro in una concordia discorsiva
- di persone che scrivevano a più voci, di un mondo senza confini, di una meravigliosa utopia.
Una utopia che io nel 1996 vivevo come problematica ma che poi si è rivelata molto più problematica di quello che allora poteva apparire.
Potrei scrivere molto su cosa è cambiato in questi 17 anni visto che ho vissuto sulla mia pelle la crisi delle DotCom, le tragedie date dalla scelta tutta italiana di diffidare del digitale, le specificità del nostro approccio di vivere la rete.
Potrei raccontare molte storie – alcune buffe, altre affascinanti – che sono accadute e delle persone che ho incontrato in questo lungo viaggio della mia esistenza.
Il mio incontro con internet? Galeotto fu un palmare e la mia difficoltà nella scrittura
Tutto è iniziato quando ho imparato a scrivere alle scuole elementari:
la mia grafia è sempre stata disastrosa e facevo veramente fatica a scrivere con anche dolori al polso.
Da piccolo sognavo di portarmi a scuola (alle elementari) una macchina per scrivere da usare al posto della penna.
Sognavo inoltre un computer di quelli che si vedevano nei manga di Goldrake (1978) che potesse aiutarmi al posto del diario a ricordarmi le cose da fare, un’anticipazione del PDA (personal device assistant).
Quella invenzione non è mai arrivata, ma in compenso, come molti dei ragazzi di di allora, mi sono avvicinato ai vari Sinclair ZX Spectrum, Commodore 64, etc.
Negli anni ’80 ho convinto nella mia ingenuità di studentello ribelle delle superiori, mio padre a informatizzare il suo studio pediatrico (Cesare Giubertoni 1935 – 1993).
Fino al 1993 sono stato il galoppino improvvisato sistemista che rimetteva a posto il DOS quando si impiantava ed anche un gestionale che si chiamava BIMBO
E negli anni ’80 facevamo da riferimento visto che eravamo i soli in Piemonte a usare il Computer in un ambulatorio pediatrico.
L’incontro con Internet, Atari PCFolio, l’inizio della scrittura elettronica
Un giorno nel 1990 un amico di mio padre che lavorava in ATARI gli ha portato uno strano oggetto, che a prima vista poteva anticipare Apple Newton e i vari PALM.
Si chiamava ATARI PCFOLIO (nel mondo conosciuto come Atari Portfolio, ma in Italia tradotto non si sa perché così).
Era un coso strano alimentato a batteria, con tastiera QWERTY e uno schermo a cristalli liquidi che poteva gestire al massimo un file di testo.
Ma – Cloud Ante Litteram – tramite uno spinotto si poteva sincronizzare il PC Folio e trasferire i suoi file sui PC di allora (1991).
Quando lo vidi ci buttai gli occhi come un goloso su una meringata, ma mio padre pensò bene di proibirmi di usarlo visto che era SUO.
Ovviamente – essendo totalmente imbranato in qualsiasi cosa che non fosse la medicina – lo abbandonò su un tavolo dopo 2 giorni .
Dal Fermacarte ad Internet il passo è stato breve
Quel coso era un oggetto troppo moderno per quell’epoca ed è stato un fallimento in quanto non era nemmeno utile per le esigenze di quei tempi.
Ma per me era una salvezza e mi ha letteralmente cambiato la vita.
Non solo mi ha permesso di superare la mia disgrafia, ma mi ha consentito di prendere delgi appunti all’università e salvarli su file e rielaborarli 1991 con Wordstar prima e Microsoft Word 2.0 dopo.
Quando lo “rubai”, lo dotai di batterie ricaricabili e iniziai a creare veri e propri files di tutti i corsi di laurea che seguivo.
L’incontro con il mio relatore e l’inizio della ricerca su multimedialità e internet
Il secondo anno di università si è caratterizzato da un esame in semiotica.
Ero molto diffidente verso la semiotica in quanto un mio insegnante del liceo era riuscito a farmela detestare con tutte le mie forze.
Ma il mio docente – Guido Ferraro – è una persona speciale, di una apertura mentale eccezionale (molto più aperto di quello che sono io ora).
Dopo avere inaspettatamente superato l’esame, andai da lui e gli portai:
- Un floppy con gli appunti del corso
- il PCFolio raccontandogli come io prendevo appunti
Siccome da giovane ribelle quale ero mi trovavo a disagio ed ero insoddisfatto dal programma della mia facoltà ne approfittai per chiedergli se potevo fare una tesi sulla Multimedialità.
Non reprimere l’adolescente che c’è in te
A differenza di altri docenti di quell’epoca a cui prima dovevo spiegare prima che cosa era un floppy e dopo un file, lui mi rispose che sapeva benissimo cosa erano in quanto programmava in Visual Basic e stava costruendo un software di analisi testuale.
E – a diffferenza di altri – trovò tutto questo decisamente insolito e interessante :)
Nel momento in cui accettò … devo dire che rimase un po’ sconcertato quando si accorse che stavo iniziando il secondo anno, e che avevo dato 2 esami.
Ma nonostante tutto acconsentì – assecondando forse la mia lucida quanto determinata follia :) – a seguirmi fino al 1997, giorno in cui mi sono laureato.
Di cose ne abbiamo viste tantissime.
Ho iniziato a collaborare con il Centro Ricerche Semiotiche di Torino, nel 1993 ho iniziato a navigare su Internet, ho usato le BBS, ho iniziato a leggere Wired nel 1993 facendo impazzire gli edicolanti per farmelo arrivare dagli USA.
Nel 1994 ho iniiziato a scrivere sulla rivista Lexia, e sempre mentre davo gli esami ho iniziato a spostare la boa della mia vita verso la rete: ho parlato al FuturShow di Bologna – su invito del mio docente – su come usare la rete.
Ciò che mi affascinava? L’utopia di una nuova frontiera e il viaggio verso l’ignoto.
Non ho mai capito cosa mi affascinasse del mio vero e proprio rapporto di dipendenza da questa idea di futuro e nemmeno il perché nonostante la fatica di fare un doppio lavoro all’università (esami da studente e ricerca), non riuscissi a fare a meno della rete.
L’internet di allora non era l’internet pervasiva di oggi.
[…] Non si può capire che cosa è internet se pensiamo a delle applicazioni singole, così come come non si poteva capire tempo fa l’importanza della stampa pensando a libri specifici e non si poteva capire il mercato teorizzato da Adam Smith se si pensava parzialmente ai prodotti scambiati (Lawrence Lessig)
L’internet di oggi è il presente del mondo che io consideravo nel 1997 utopia
Lawrence Lessig ha definito nel 2010 internet come
… un punto di singolarità della storia della umanità, una innovazione non prevista (dato che nasce come rete militare) e che ha disegnato inediti scenari di futuro.
E così fu. Forse non si poteva immaginare quanto è stato faticoso questo percorso
L’Oltrefrontiera: perdersi nel flusso di uno schema senza confini
Io nella mia ingenuità di allora intuivo l’immensità di questo schema, di una società senza confini, e consideravo la rete un differente approccio per consentire a chiunque il proprio diritto all’autoaffermazione.
Nonostante vivessi in nel mondo degli anni ’90 pieno di confini e di dazi comunicativi (le chiamate interrurbane, le internazionali, le chiamate urbane a tempo) …
… Io sognavo un mondo nel quale si connettevano i luoghi e non le persone (non esistevano i cellulari)
intravedevo in internet
il superamento di un mondo concepito in poli antitetici tra loro e percepivo che si poteva intravvedere un oltre frontiera per superare i confini di quell’epoca.
Io non capivo il senso di ciò che stavo facendo …
Mi sentivo parte di un piccolo fiume del cambiamento che nella sua debolezza si alimentava in modo esponenziale e lasciavo che questa onda mi portasse verso qualcosa.
Tante cose buffe mi sono capitate, tante persone ho incontrato in quegli anni, alcune le ho ritrovate, altre – come mio padre – le ho perdute:
ma di una cosa sono soddisfatto, mio padre non ha mai visto internet dato che è mancato nel 1993,
Ma ha potuto intravederla – anche se per poche settimane – nei miei racconti di adolescente e ora anche lui è un nodo della rete.
Ma questa storia, come quella del Pappagallo Australiano, è appunto un’altra storia. :)
Scritto il 4 Ottobre 2017
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Ed è anche curioso che proprio oggi – esattamente venti anni dopo – io abbia consegnato le bozze definitive del mio primo libro, I social nella Cosmesi.
Questo articolo non ti darà nulla di nuovo se non un racconto autoreferenziale, perché questa è la mia storia
Siti web anno 1995: ecco come erano fatte le homepage in quegli anni
Ecco come si presentavano le homepage dei siti web che io vedevo con la mia connessione ad internet telefonica con modem (dial-up) nel 1995.
Visti oggi fanno un certo effetto, vero?
Siccome oggi è per me un giorno di ricordi, vorrei raccontare la mia storia personale con la rete, il mio incontro con internet
20 anni fa la mia laurea con una delle prime tesi su Internet
La mia tesi parlava di un mondo che doveva ancora venire
di un mondo interconnesso, di persone che rielaborano i propri valori in un gioco del Lego planetario
- di valori che si legavano tra loro in una concordia discorsiva
- di persone che scrivevano a più voci, di un mondo senza confini, di una meravigliosa utopia.
Una utopia che io nel 1996 vivevo come problematica ma che poi si è rivelata molto più problematica di quello che allora poteva apparire.
Potrei scrivere molto su cosa è cambiato in questi 17 anni visto che ho vissuto sulla mia pelle la crisi delle DotCom, le tragedie date dalla scelta tutta italiana di diffidare del digitale, le specificità del nostro approccio di vivere la rete.
Potrei raccontare molte storie – alcune buffe, altre affascinanti – che sono accadute e delle persone che ho incontrato in questo lungo viaggio della mia esistenza.
Il mio incontro con internet? Galeotto fu un palmare e la mia difficoltà nella scrittura
Tutto è iniziato quando ho imparato a scrivere alle scuole elementari:
la mia grafia è sempre stata disastrosa e facevo veramente fatica a scrivere con anche dolori al polso.
Da piccolo sognavo di portarmi a scuola (alle elementari) una macchina per scrivere da usare al posto della penna.
Sognavo inoltre un computer di quelli che si vedevano nei manga di Goldrake (1978) che potesse aiutarmi al posto del diario a ricordarmi le cose da fare, un’anticipazione del PDA (personal device assistant).
Quella invenzione non è mai arrivata, ma in compenso, come molti dei ragazzi di di allora, mi sono avvicinato ai vari Sinclair ZX Spectrum, Commodore 64, etc.
Negli anni ’80 ho convinto nella mia ingenuità di studentello ribelle delle superiori, mio padre a informatizzare il suo studio pediatrico (Cesare Giubertoni 1935 – 1993).
Fino al 1993 sono stato il galoppino improvvisato sistemista che rimetteva a posto il DOS quando si impiantava ed anche un gestionale che si chiamava BIMBO
E negli anni ’80 facevamo da riferimento visto che eravamo i soli in Piemonte a usare il Computer in un ambulatorio pediatrico.
L’incontro con Internet, Atari PCFolio, l’inizio della scrittura elettronica
Un giorno nel 1990 un amico di mio padre che lavorava in ATARI gli ha portato uno strano oggetto, che a prima vista poteva anticipare Apple Newton e i vari PALM.
Si chiamava ATARI PCFOLIO (nel mondo conosciuto come Atari Portfolio, ma in Italia tradotto non si sa perché così).
Era un coso strano alimentato a batteria, con tastiera QWERTY e uno schermo a cristalli liquidi che poteva gestire al massimo un file di testo.
Ma – Cloud Ante Litteram – tramite uno spinotto si poteva sincronizzare il PC Folio e trasferire i suoi file sui PC di allora (1991).
Quando lo vidi ci buttai gli occhi come un goloso su una meringata, ma mio padre pensò bene di proibirmi di usarlo visto che era SUO.
Ovviamente – essendo totalmente imbranato in qualsiasi cosa che non fosse la medicina – lo abbandonò su un tavolo dopo 2 giorni .
Dal Fermacarte ad Internet il passo è stato breve
Quel coso era un oggetto troppo moderno per quell’epoca ed è stato un fallimento in quanto non era nemmeno utile per le esigenze di quei tempi.
Ma per me era una salvezza e mi ha letteralmente cambiato la vita.
Non solo mi ha permesso di superare la mia disgrafia, ma mi ha consentito di prendere delgi appunti all’università e salvarli su file e rielaborarli 1991 con Wordstar prima e Microsoft Word 2.0 dopo.
Quando lo “rubai”, lo dotai di batterie ricaricabili e iniziai a creare veri e propri files di tutti i corsi di laurea che seguivo.
L’incontro con il mio relatore e l’inizio della ricerca su multimedialità e internet
Il secondo anno di università si è caratterizzato da un esame in semiotica.
Ero molto diffidente verso la semiotica in quanto un mio insegnante del liceo era riuscito a farmela detestare con tutte le mie forze.
Ma il mio docente – Guido Ferraro – è una persona speciale, di una apertura mentale eccezionale (molto più aperto di quello che sono io ora).
Dopo avere inaspettatamente superato l’esame, andai da lui e gli portai:
- Un floppy con gli appunti del corso
- il PCFolio raccontandogli come io prendevo appunti
Siccome da giovane ribelle quale ero mi trovavo a disagio ed ero insoddisfatto dal programma della mia facoltà ne approfittai per chiedergli se potevo fare una tesi sulla Multimedialità.
Non reprimere l’adolescente che c’è in te
A differenza di altri docenti di quell’epoca a cui prima dovevo spiegare prima che cosa era un floppy e dopo un file, lui mi rispose che sapeva benissimo cosa erano in quanto programmava in Visual Basic e stava costruendo un software di analisi testuale.
E – a diffferenza di altri – trovò tutto questo decisamente insolito e interessante :)
Nel momento in cui accettò … devo dire che rimase un po’ sconcertato quando si accorse che stavo iniziando il secondo anno, e che avevo dato 2 esami.
Ma nonostante tutto acconsentì – assecondando forse la mia lucida quanto determinata follia :) – a seguirmi fino al 1997, giorno in cui mi sono laureato.
Di cose ne abbiamo viste tantissime.
Ho iniziato a collaborare con il Centro Ricerche Semiotiche di Torino, nel 1993 ho iniziato a navigare su Internet, ho usato le BBS, ho iniziato a leggere Wired nel 1993 facendo impazzire gli edicolanti per farmelo arrivare dagli USA.
Nel 1994 ho iniiziato a scrivere sulla rivista Lexia, e sempre mentre davo gli esami ho iniziato a spostare la boa della mia vita verso la rete: ho parlato al FuturShow di Bologna – su invito del mio docente – su come usare la rete.
Ciò che mi affascinava? L’utopia di una nuova frontiera e il viaggio verso l’ignoto.
Non ho mai capito cosa mi affascinasse del mio vero e proprio rapporto di dipendenza da questa idea di futuro e nemmeno il perché nonostante la fatica di fare un doppio lavoro all’università (esami da studente e ricerca), non riuscissi a fare a meno della rete.
L’internet di allora non era l’internet pervasiva di oggi.
[…] Non si può capire che cosa è internet se pensiamo a delle applicazioni singole, così come come non si poteva capire tempo fa l’importanza della stampa pensando a libri specifici e non si poteva capire il mercato teorizzato da Adam Smith se si pensava parzialmente ai prodotti scambiati (Lawrence Lessig)
L’internet di oggi è il presente del mondo che io consideravo nel 1997 utopia
Lawrence Lessig ha definito nel 2010 internet come
… un punto di singolarità della storia della umanità, una innovazione non prevista (dato che nasce come rete militare) e che ha disegnato inediti scenari di futuro.
E così fu. Forse non si poteva immaginare quanto è stato faticoso questo percorso
L’Oltrefrontiera: perdersi nel flusso di uno schema senza confini
Io nella mia ingenuità di allora intuivo l’immensità di questo schema, di una società senza confini, e consideravo la rete un differente approccio per consentire a chiunque il proprio diritto all’autoaffermazione.
Nonostante vivessi in nel mondo degli anni ’90 pieno di confini e di dazi comunicativi (le chiamate interrurbane, le internazionali, le chiamate urbane a tempo) …
… Io sognavo un mondo nel quale si connettevano i luoghi e non le persone (non esistevano i cellulari)
intravedevo in internet
il superamento di un mondo concepito in poli antitetici tra loro e percepivo che si poteva intravvedere un oltre frontiera per superare i confini di quell’epoca.
Io non capivo il senso di ciò che stavo facendo …
Mi sentivo parte di un piccolo fiume del cambiamento che nella sua debolezza si alimentava in modo esponenziale e lasciavo che questa onda mi portasse verso qualcosa.
Tante cose buffe mi sono capitate, tante persone ho incontrato in quegli anni, alcune le ho ritrovate, altre – come mio padre – le ho perdute:
ma di una cosa sono soddisfatto, mio padre non ha mai visto internet dato che è mancato nel 1993,
Ma ha potuto intravederla – anche se per poche settimane – nei miei racconti di adolescente e ora anche lui è un nodo della rete.
Ma questa storia, come quella del Pappagallo Australiano, è appunto un’altra storia. :)